C’era una volta...
I nonni iniziavano così a raccontare le favole, ambientate in castelli o nei boschi, nei luoghi in cui la fantasia poteva sprigionarsi, senza poter essere poi controllata dalla veridicità dei fatti.
Quanto ci avvolgevano di stupore e di tenerezza, a volte di mistero e di paura, quei racconti! Ma nello stesso tempo, ci ancoravano ad un passato i cui valori primari erano l’attenzione alla persona, soprattutto a quella più debole e più fragile; il rispetto per gli anziani, in particolare per chi si faceva in quattro per aiutare o per chi si assumeva la fatica di un lavoro senza risparmio e senza guadagno. E i giovani non stavano a guardare, venivano instradati e coinvolti dalla famiglia, diremmo iniziati al lavoro.
Com’erano suggestivi i ritrovi serali del “borgo”, nella stalla a pulire il granoturco, le patate o le rape “per gli animali e per i cristiani”; ritrovi allargati in cui tutti i vicini, e soprattutto gli abitanti del cortile, partecipavano spontaneamente come a un convegno di famiglia: il caldo e la fioca luce della lucerna favorivano lo snodarsi del vissuto in racconti di imprese e di ricordi. Si ritornava così al cuore della vita e della famiglia.
Un giusto investimento del tempo per documentare e tramandare storie di vita. Ciascuno appartiene alla “terra” dove nasce e cresce, con e tra la gente per irrobustire le sue radici e… rinascere.
Anche nelle catechesi Padre Pianzola utilizzava il racconto, ancora oggi, suggerito come metodo di partecipazione e di coinvolgimento dei ragazzi: ma… il luogo della comunicazione, diretta e vera, è proprio e sempre la vita, quella quotidiana, quella che non ci lascia mai sia nella dimensione della realtà sia in quella del sogno o della fantasia.
Anche Gian Pietro Rigolone, un adolescente della Cascina “La Lista”, nella frazione Crocicchio di Formigliana, circondata dalla risaia, in zona vercellese, sognava di diventare grande e di diventare agricoltore come il padre, in una Azienda che si rispettasse sia per la coltivazione sia per l’ampiezza.
I sogni non nascevano dal nulla, ma dalla realtà della vita che lo circondava: i genitori, i nonni ed i bisnonni erano proprietari di terreni per risaia.
In famiglia, d’inverno e soprattutto di sera vicino al camino, i nonni ricordavano e raccontavano ai nipoti la dura fatica per conquistare la terra e la libertà di coltivare riso in proprio, senza doverne cedere una parte ai “padroni”.
E... come era duro, doloroso e senza futuro il lavoro a capo chino, con i piedi a mollo nella risaia tutto il giorno!!!; con le zanzare e i tafani che ronzavano intorno, pronti a pungere al momento giusto.
In particolare le donne, per guadagnarsi il pane, arrivavano da lontano, col treno prima e poi sui carri ed erano ospitate nei solai della cascina: quante ne arrivavano e quante portavano con sé i bambini in fasce e quante, soprattutto, ne avevano lasciati a casa, e.. tutto per un tozzo di pane…!
Una storia affascinante e drammatica allo stesso tempo e tutta da riscoprire nella sua ingenuità.
“In grembo alla terra”, un volume edito dalla Casa E.O.S. di Novara, ha raccolto testimonianze e foto inedite sulle problematiche della condizione rurale dei primi del ‘900: un toccasana in questo tempo in cui si parla “di un prete che porta Dio in risaia”.
E’ quasi naturale l’immergersi in “quelle acque” per portare alla luce delle orme, sopite dal tempo.
Alcune “cartelle storiche” così chiamate dal Pianzola e da lui archiviate, rivelano inediti fioretti dell’arte dell’aver cura, esercitata dalle Suore Missionarie, comunemente chiamate Suore Pianzoline o del popolo, nel portarsi tra quella fiumana di giovani sul posto del lavoro; raccontano disagi e fatiche dopo una giornata di lavoro, ma altresì la gioia di camminare a piedi per “dire Gesù” e condividere la stanchezza di un lavoro, “troppo lontano da casa”.
“Adunata di riconoscenza delle mondine lomelline - Domenica 24 (giugno 1924) si è svolta nell’Oratorio delle Figlie Missionarie dell’Immacolata, una di quelle feste semplici e spontanee che commuovono i cuori. (…) Non fu una festa preparata; fu un palpito spontaneo del cuore, una naturale espressione di gratitudine per le indefesse cure che le Figlie missionarie prodigano a favore di queste figlie dei campi, lontane dalle loro mamme e dai loro paesi “per un pezzo di pane”. Il Capo di Cergnago le ha chiamate le mamme giovani delle abbronzate figlie della Risaia”.
(L’Araldo, n° 26, 1924).
“Fornaci Crocicchio. In questa giovanissima frazione che ha visto sorgere una fiorente sezione dell’Opera Nazionale Dopolavoro, di questi giorni, per iniziativa della sezione stessa e per il contributo di buone persone è stato aperto un Asilo Nido per i bimbi delle Mondariso (…) Le Suore dopo l’assistenza ai bambini portano la loro parola di fede e di fervore religioso alle mondine dei cascinali circonvicini” (L’Eusebiano, 26.06.1930).
“Lista e Fornaci Crocicchio. Come stare in chiesa? Si prepara all’esterno un padiglione ed un altare: là in mezzo alla turba delle risaiole Gesù discende a sollevare i loro cuori, a saziare la fame delle loro anime, dandosi in cibo eucaristico a più di duecento, che un incidente disastroso non ha permesso di duplicare; e tra di esse vi erano pure chi a quindici e a trent’anni ricevevano per la prima volta il Pane degli Angeli”.
“1 giugno 1934 -
Le suore di Formigliana vanno alla Lista a salutare le loro sorelle arrivate.
Ritornando, si fermarono con un gruppo di mondariso che per strada incontrarono.
Visitarono pure le risaiole della Cascina Frati dove notarono da parte delle medesime un po’ d’indifferenza.
Venivano dal paese di Ottone della provincia di Piacenza ed erano in numero di 78 con a capo Malaspina Luigi.”
(Dal Diario di Formigliana)
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