Testimonianze

PADRE FRANCESCO PIANZOLA UN BEATO SEGNO DEI TEMPI

Lomellina, terra di confine tra Piemonte e Lombardia, dove le diocesi di Vigevano, Pavia, Vercelli e Novara si accarezzano intersecandosi mutuamente, creando suggestive e vetuste enclave bucoliche. Lomellina, terra di risaie dove l’acqua è l’elemento fondamentale per una agricoltura che ha fatto della coltivazione del riso una peculiarità che non ha riscontro nel resto d’Italia. Questa terra impreziosita da un’elegante diocesi come Vigevano, la cui piazza è considerata a ragione uno dei più bei salotti d’Italia, ha vissuto sabato 4 ottobre, un momento straordinario a livello ecclesiale, per la Beatificazione di uno dei suoi figli più illustri: padre Francesco Pianzola.
La celebrazione del rito di beatificazione, è stata presieduta dal Cardinale Josè Saraiva Martins, Prefetto Emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, che aveva al suo fianco Mons. Claudio Baggini, vescovo di Vigevano e Mons. Enrico Masseroni, arcivescovo di Vercelli, diocesi nella quale si è verificato il primo miracolo per l’intercessione del nuovo Beato. Con i tempi che corrono, un evento del genere, non fa certo notizia, né “buca” i palinsesti televisivi, resta il fatto che un cristiano che assurge agli onori degli altari, pone ad una comunità cristiana, troppe volte tiepida e distratta, più di un interrogativo. Sulla figura e l’opera di padre Pianzola molto si è detto in questa occasione, a noi però preme sottolineare come il nuovo Beato sia da ascrivere tra il numero dei così detti Santi sociali, come i vari don Bosco, Cafasso, Cottolengo, Orione ed altri.
La peculiarità di questo straordinario prete lomellinese, sta nel  fatto che oltre ad aver vissuto un’esperienza straordinaria, sia sul piano sociale che su quello ecclesiale nei primi decenni del novecento, seppe rispondere ad un segno dei tempi come il lavoro “della monda” nelle risaie con coraggio e lungimiranza. Il lavoro della monda era (e lo è stato per molto tempo) un lavoro squisitamente femminile, fatto da donne provenienti da diverse parti d’Italia, esse svolgevano la  loro mansione curvate dentro acque stagnanti e paludose nelle sconfinate distese della coltivazione del riso, per dieci, dodici ore al giorno, per diversi mesi all’anno.
A fronte di questa situazione, padre Pianzola intuì l’urgenza di andare incontro alle necessità di queste donne, di elevarne la dignità, aiutandole attraverso una solidarietà concreta e immediata, ma anche e soprattutto dando loro la coscienza di una forte dignità personale, sempre a rischio di essere umiliata nel particolare momento storico in cui la monda del riso era fatta esclusivamente a mano, lavorando dall’alba al tramonto. Un segno dei tempi  come quello del lavoro femminile nelle risaie, divenne quindi un interrogativo impellente: che fare di fronte al fenomeno di una immigrazione massiccia di donne in cerca di lavoro? Che fare di fronte ad un lavoro sfruttato e mal pagato? Che fare di fronte a centinaia e centinaia di donne dalla scarsa formazione, poco coscienti circa i diritti loro dovuti? La risposta di padre Francesco fu rapida e decisa, fondare una congregazione  di suore capaci di affiancarsi alle mondine aiutandole nei più piccoli frangenti come, offrendo loro una prospettiva di riscatto capace di dare risposta ad un problema che di anno in anno interpellava sempre più la coscienza civile ed ecclesiale di quelle zone. Le Suore Missionarie dell’Immacolata Regina della Pace, nascono così dall’intuizione feconda e geniale di questo prete che chiederà loro  un intenso ardore evangelico, capace di tradurre in scelte concrete le linee pastorali in grado di dare ad ogni mondina l’acquisizione del loro status di donna lavoratrice e di cristiana cosciente e matura. Padre Pianzola entra così a pieno titolo a far parte di quella nutrita schiera di preti italiani, alcuni noti altri meno, che di fronte ai segni dei tempi che scuotevano l’epoca in cui vivevano, scelsero di stare in “prima linea” anche se questo poteva significare inquietudine e incomprensione da parte di altri preti che vedevano nella vita sacerdotale solo ed esclusivamente la dimensione sacrale del culto, poco propensi ad aprirsi agli orizzonti di una regione e di una società in rapida e profonda trasformazione. L’aver portato le “Pianzoline”, così amabilmente chiamate dalla gente dei nostri paesi, ad andare oltre il mondo della risaia una volta tramontata l’epoca delle mondine, portandole ad assumere impegni sempre più di frontiera, sia in Italia come in Africa ed in America Latina la dice lunga su come l’apertura missionaria di questo geniale prete della Lomellina abbia inciso nella vita sociale ed ecclesiale di molte diocesi italiane. Una lezione ed uno stile pastorale, più vivo ed attuale che mai.
Don Mario Bandera